Buone notizie da questo terzo numero:
pur mantenendo un ritmo frenetico, aumentano i dialoghi e quindi
iniziano a emergere informazioni, che aprono ad ulteriori
interrogativi, ma comunque evitano il rischio della ripetizione. Le
due linee non sono più accompagnate dal solo monologo interiore dei
protagonisti e Byron e L'Uomo Senza Nome non sono più dei
solipsisti. Vedremo nel seguito, quando Walter Riccio dovrà iniziare
a chiudere le trame aperte, il valore di queste aperture.
Perché, alla fin fine, il rischio di
Legion 75, le cui due linee narrative sono quest pure, è di
diventare un ripetitivo catalogo di scontri sempre più feroci e
grand guignoleschi e di mostruosità, biologiche e morali. La seconda
di copertina promette che dal prossimo numero inizieremo a capire.
Già ora vediamo che sia il viaggio di Byron nel 1975 sia quello
dell'Uomo Senza Nome nel 1985 conducono nell'Europa Orientale e che
quindi inizia un percorso di convergenza. Attendiamo fiduciosi.
La parte figurativa si conferma
efficace: il tratto di Renato Riccio comunica il senso soggettivo di
Byron di disfacimento della realtà, o meglio, di disfacimento del
confine fra realtà oggettiva e percezione soggettiva (Philip Dick?
sì, certo, Philip Dick), mentre Simone Delladio mantiene lo stile
naturalistico della linea 1985. Al solito, la copertina, opera di
Giuseppe Candita e Candido Lombardo, rende bene il tono del racconto.
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